Non c'erano riusciti sindacati più o
meno rappresentativi a mettere in crisi, su vari temi,esterni e
interni, il Dott. Befera e l'Agenzia delle Entrate. L'impresa è
riuscita a un pensionato di Pozzuoli (NA) . Il 4 gennaio è partito
il redditometro ma il viaggio è durato poco. Un pensionato di
Pozzuoli ha fatto causa al Fisco per tutela della Privacy e un
giudice del Tribunale di Napoli gli ha dato ragione, vietando il
redditometro.Motivo: porta alla soppressione del diritto del
contribuente e della sua famiglia a una vita privata.Il giudice
inoltre articola una interessante illustrazione delle incongruità
dello strumento che non considera le differenze nel costo della vita
tra i territori, rischiando di identificare come eccessivamente alto
rispetto al reddito un determinato tenore di vita. Ovviamente
l'Agenzia delle Entrate ricorrerà, il nuovo governo probabilmente
metterà mano allo strumento per calibrarlo meglio, quello che ci
domandiamo solamente è: le nove banche dati a cui attingerebbe
l'Agenzia delle Entrate , costate al contribuente miliardi e che
certo non hanno indotto risparmi , non sarebbe meglio fossero
unificate e indirizzate a incrociare meglio i dati degli italiani
che non siano (una volta tanto) dipendenti o pensionati? In attesa
che la giustizia migliori e che la macchina fiscale venga
semplificata, razionalizzata e meglio indirizzata, prendiamo atto
che si tratta di un gran giorno per la Libertà e dell'ennesima
debacle della P.A. In una delle sue versioni considerate più
d'avanguardia (non ci si dica infatti che la colpa sia solo di Monti
e Grilli) . Dieci, Cento, Mille Pensionati di Pozzuoli!
domenica 24 febbraio 2013
domenica 17 febbraio 2013
COSA C'E' DIETRO ALLA POLEMICA SUL “MADE IN ITALY”?
Negli ultimi anni è accaduto che molti
mercati italiani siano stati assaltati da oggetti fabbricati
apparentemente fuori dal nostro Paese. Gli italiani li hanno
osservati, li hanno comprati, provati e spesso continuano a
comprarli. Perchè quasi sempre sono prodotti di qualità pari o
superiore a quelli made in Italy e, particolare non trascurabile,
costano di meno. Spesso questi bassi costi sono possibili per il
costo del lavoro che notoriamente in Italia è più alto che altrove
(come faremmo infatti se non mantenessimo la nostra cara
burocrazia?). Le aziende italiane (imprenditori e lavoratori) sono da
allora in difficoltà. Indubbiamente gli effetti per l'economia
italiana sono negativi. Vi sono riflessi sul destino di imprese che
devono chiudere e sul mantenimento della relativa occupazione. Dove
qualcuno ci perde, qualcun altro ci guadagna: il consumatore può
acquistare oggetti d'uso a un prezzo più favorevole, venditori
stranieri in Italia più o meno clandestini hanno la possibilità di
sbarcare il lunario e prosperano gli affari di quegli italiani che
forniscono queste merci prodotte all'estero (o in Italia a condizioni
da Terzo Mondo) ai venditori stessi.Nella misura in cui certa
criminalità organizzata controlla questi traffici, è ovvio che vi
sia una sua compartecipazione ai profitti. Chi lavora nelle fabbriche
di questi oggetti vive una realtà double-face : da una parte è
sfruttato e sottopagato, rispetto agli standard occidentali.
Dall'altra ha compiuto un passo avanti sulla strada dell'uscita dalla
fame e dalla povertà, perchè, anche se è triste dirlo, avere un
lavoro e una magra retreibuzione è sempre meglio che non averlo. Chi
si scandalizza per queste affermazioni evidentemente non ha mai
provato effettivamente la fame, la povertà, la
disperazione.Sottolineamo il particolare che vorremmo non sfuggisse.
Non sempre e non più la produzione avviene all'estero ma ciò si
verifica anche in Italia. Chi impedisce di farlo? Nessuno, quasi,
poiché i controlli non vengono fatti da alcuno, se non , nei limiti
del possibile, dalle forze dell'ordine, che non finiremo mai di
ringraziare. Sull'operato del resto della PA è meglio che stendiamo
un velo pietoso (non certo per colpa degli addetti ma
dell'organizzazione che nel pubblico colpisce e penalizza chi
vorrebbe lavorare).
Per gestire questa situazione da anni
c'è un intenso impegno degli organismi europei e una attività
costante delle associazioni imprenditoriali. In verità senza molti
risultati. Lo sviluppo , un certo tipo di sviluppo, sia produttivo
che commerciale, non lo puoi bloccare con i cartellini, così come è
inarrestabile il fenomeno migratorio con impronte digitali o flussi o
permessi di soggiorno dati col contagocce.
Ci dispiace per gli imprenditori delusi
ma spesso i tarocchi sono quelli prodotti dalle loro italianissime
fabbriche (per lucrare sul costo dei materiali) e non da quelle dei
poveri sfruttati. Dimenticano poi un particolare: che il consumatore
(ma il mondo potremmo dire) è stanco di sopportare il costo
derivante dal mantenimento di privilegi da parte del commercio
vecchio tipo. Stiano tranquilli che se saranno in grado in futuro di
fabbricare prodotti di valore a un prezzo giusto la gente li
acquisterà senza andare a vedere il cartellino. E crediamo che la
stessa cosa già faccia, per risparmiare, il commerciante che un
minuto prima si è lamentato delle chincaglierie cinesi. Così come
sua moglie, quando va a fare la spesa. Ciò sempre che si scelga di
vivere in una società libera, anche commercialmente. Avete voluto il
capitalismo? Bene, lo stesso prevede che quando uno non sia più
capace di fare un mestiere, lo cambi. Avete voluto una società
liberale, con regole da rispettare per una migliore convivenza? Avete
sempre rispettato queste regole?No? La stessa cosa la stanno facendo
ora altri abitanti dell'Italia e altri Paesi. Adesso, speriamo,
capirete come è fastidioso vivere in un posto dove ognuno, come voi
da tanto tempo, fa un po' quello che gli pare! Certo noi non possiamo
pagare un paio di scarpe il triplo solo perchè voi possiate
mantenere le vostre ville, amanti e macchinone. Quindi andate a
produrre in Cina e andate a fare concorrenza ai cinesi, se ci
riuscite. Prima o poi verranno in Italia imprenditori e commercianti
stranieri più bravi di voi che (senza aiutini) sapranno mettere a
frutto quello che nessun Paese al mondo ha: i mestieri e le abilità
di tanti lavoratori italiani.
COOPCOSTRUTTORI DI ARGENTA (FE), GIUSTIZIA ATTESA DAL 2003. DELUSIONE PER LE MITI CONDANNE
2003: scoperto un buco da un miliardo
di euro nella contabilità della quarta azienda edilizia italiana.
10.000 creditori in difficoltà e 3.000 famiglie rovinate.
Sapevamo che in Italia per avere
giustizia occorre tanto tempo. Certo, la giustizia non è vendetta
ma, nel caso in cui non sia possibile recuperare i soldi, in questo,
come in tutti gli altri casi, un po' di punizione allevia le
sofferenze. Ma in Italia non tutti i cittadini sono uguali davanti
alla legge. Chi è più ricco può pagarsi i migliori avvocati e ha
più probabilità se non di farla franca, almeno di limitare i danni.
Colpiscono alcuni fatti che da tempo si ripetono in casi come questi
che riguardano grandi cooperative affiliate a grandi Centrali.Il
nuovo modello di vigilanza pubblica cooperativa, nato, caso vuole,
proprio nel 2002 qui sembra essere stato attraversato dalla vicenda
come un ectoplasma. Magra consolazione per gli organi ministeriali
che anche le tre società di revisione e certificazione dei bilanci
(le grandissime cooperative hanno anche questo obbligo aggiuntivo)
siano state assolte. Come poteva un ispettore ministeriale in sede
straordinaria accorgersi di quanto sfuggito addirittura ai super
professionisti della revisione contabile? Però non può finire qui e
non può finire così. Per quelle imprese e famiglie coinvolte, le
quali entrambe hanno fatto affidamento sul sistema cooperativo non a
caso ma perchè pensavano che godendo di agevolazioni fosse
adeguatamente vigilato (preventivamente, contestualmente e subito
dopo gli interventi) e, dal punto di vista delle famiglie, perchè
in Italia (lo dice la Costituzione) le cooperative sono imprese non
come tutte le altre ma con la caratteristica di avere una funzione
sociale vincolante per la possibilità di godere di benefici e
contributi.
In Italia, a seguito delle prossime
elezioni, molto probabilmente diverrà Presidente del Consiglio un
esponente politico piacentino nato, cresciuto e maturato nel cuore
dell'Emilia cooperativa il quale, si dice, abbia nel mondo
cooperativo uno dei principali pilastri della propria forza politica
ed elettorale. In campagna elettorale tutti i sindacati hanno inviato
alle forze politiche una serie di indicazioni programmatiche,
chiedendo su di esse l'impegno dei vari partiti facendo intendere di
poter garantire un sostegno a chi facesse proprie determinate
proposte.
Non ci risulta che nessun altro
sindacato, oltre a noi dell'AGL, abbia chiesto al probabile futuro
presidente del Consiglio quanto segue: che per evitare che si
ripetano drammi come quello della Coopcostruttori di Argenta venga
abolita la possibilità che la vigilanza ordinaria annuale o biennale
sulle società cooperativa venga demandata alle stesse Centrali
cooperative cui quelle cooperative aderiscono e a cui pagano quota
associativa e contributi di revisione, oltre a destinare una
percentuale del patrimonio residuo ai rispettivi fondi mutualistici.
Non vi può più essere coincidenza tra controllore e controllato (la
vicenda Banca d'Italia – MPS qualcosa avrà pure insegnato) E che
la vigilanza sulle società cooperativa torni tutta e unicamente allo
Stato che la eserciti attraverso il Corpo di revisori appositamente
abilitati e per i quali venga istituito un albo e ruolo
professionale. Che questi revisori e ispettori straordinari vengano
aggiornati gratuitamente e intensamente , che tutte le strutture e le
risorse della PA vengano messe a loro disposizione a costo zero, che
vengano di nuovo istituiti uffici territoriali della vigilanza
cooperativa e che in essi vengano impiegati quelle centinaia di
revisori oggi in forza al Ministero del Lavoro (ostacolati
costantemente dalla Direzione Generale del Personale di quella
sfortunata Amministrazione) che possano, se lo vogliano, trasferirsi
al Ministero dello Sviluppo Economico. Ciò per garantire il rispetto
della frequenza annuale e biennale delle revisioni. E per prevenire,
prima che sia necessario, come per la Coopcostruttori, l'intervento
“curativo” della Magistratura (benemerita) quando però ormai
non ci sia nulla da fare per famiglie e creditori.
Aspettiamo fiduciosi di vedere se chi
si professa coraggioso liberalizzatore e nemico delle Lobby abbia,
una volta al potere, il fegato di distogliere le Associazioni che lo
hanno sempre sostenuto da un mestiere non loro congeniale (quello di
controllore di coloro che li finanziano) e di farle concentrare
sull'attività più propria di assistenza, tutela e rappresentanza.
AGL Ispettori di Cooperative
domenica 10 febbraio 2013
“ARIDATECE” ROBIN HOOD!
Tassa (relativamente) nuova, storia vecchia. Molti di voi avranno letto della denuncia dell'Authority per l'Energia sulla traslazione, da parte di molte aziende del settore petrolifero, gas, elettricità della Robin Tax a danno delle famiglie: si parla di qualche miliardo di euro, anche se sarà compito della Magistratura (se vorrà attivarsi) fare chiarezza sulle reali cifre dell'imbroglio.Ricorderete che la Robin Tax fu introdotta da Tremonti nel 2008 per finanziare la social card . Non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di sbraitare contro l'ennesima congiura della lobby degli anziani contro le nuove generazioni. Scherzi a parte, sembra che questa volta alcune di queste aziende, ponendo rimedio alla riduzione del margine di profitto scaricando sulle famiglie consumatrici aumenti ingiustificati, l'abbiano fatta grossa.Il salasso infatti ammonterebbe a una gran parte del gettisto complessivo della tassa. Le associazioni dei consumatori sono scatenate, preannunciano class action che però, sappiamo, in Italia, causa limiti nella legislazione, non hanno la stessa forza dirompente di quelle intentate nei paesi anglosassoni.E' forte, insomma, la sensazione che quei soldi, con gli interessi legali, quelle famiglie difficilmente li avranno indietro.Ma sorge spontanea una domanda: perchè muoversi sempre quando ormai la frittata è fatta? Perchè la maggioranza che uscirà dalle urne (visto che quelle passate non hanno avuto voglia di farlo – ce ne spieghino il perchè in questa campagna elettorale-) non si deciderà a assegnare all'Authority sull'Energia poteri sanzionatori nei confronti delle aziende non corrette e non solo, come di recente ha affermato il Consiglio di Stato (appositamente interpellato) una mera funzione “notiziale”?C'era bisogno della denuncia (impotente) dell'Authority per sapere che in Italia, in questo campo, molte aziende (soprattutto quelle con maggiori agganci politici, fanno un po' quel che gli pare?
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