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domenica 24 febbraio 2013

REDDITOMETRO BOCCIATO: EVVIVA IL PENSIONATO DI POZZUOLI!

Non c'erano riusciti sindacati più o meno rappresentativi a mettere in crisi, su vari temi,esterni e interni, il Dott. Befera e l'Agenzia delle Entrate. L'impresa è riuscita a un pensionato di Pozzuoli (NA) . Il 4 gennaio è partito il redditometro ma il viaggio è durato poco. Un pensionato di Pozzuoli ha fatto causa al Fisco per tutela della Privacy e un giudice del Tribunale di Napoli gli ha dato ragione, vietando il redditometro.Motivo: porta alla soppressione del diritto del contribuente e della sua famiglia a una vita privata.Il giudice inoltre articola una interessante illustrazione delle incongruità dello strumento che non considera le differenze nel costo della vita tra i territori, rischiando di identificare come eccessivamente alto rispetto al reddito un determinato tenore di vita. Ovviamente l'Agenzia delle Entrate ricorrerà, il nuovo governo probabilmente metterà mano allo strumento per calibrarlo meglio, quello che ci domandiamo solamente è: le nove banche dati a cui attingerebbe l'Agenzia delle Entrate , costate al contribuente miliardi e che certo non hanno indotto risparmi , non sarebbe meglio fossero unificate e indirizzate a incrociare meglio i dati degli italiani che non siano (una volta tanto) dipendenti o pensionati? In attesa che la giustizia migliori e che la macchina fiscale venga semplificata, razionalizzata e meglio indirizzata, prendiamo atto che si tratta di un gran giorno per la Libertà e dell'ennesima debacle della P.A. In una delle sue versioni considerate più d'avanguardia (non ci si dica infatti che la colpa sia solo di Monti e Grilli) . Dieci, Cento, Mille Pensionati di Pozzuoli!

domenica 17 febbraio 2013

COSA C'E' DIETRO ALLA POLEMICA SUL “MADE IN ITALY”?

Negli ultimi anni è accaduto che molti mercati italiani siano stati assaltati da oggetti fabbricati apparentemente fuori dal nostro Paese. Gli italiani li hanno osservati, li hanno comprati, provati e spesso continuano a comprarli. Perchè quasi sempre sono prodotti di qualità pari o superiore a quelli made in Italy e, particolare non trascurabile, costano di meno. Spesso questi bassi costi sono possibili per il costo del lavoro che notoriamente in Italia è più alto che altrove (come faremmo infatti se non mantenessimo la nostra cara burocrazia?). Le aziende italiane (imprenditori e lavoratori) sono da allora in difficoltà. Indubbiamente gli effetti per l'economia italiana sono negativi. Vi sono riflessi sul destino di imprese che devono chiudere e sul mantenimento della relativa occupazione. Dove qualcuno ci perde, qualcun altro ci guadagna: il consumatore può acquistare oggetti d'uso a un prezzo più favorevole, venditori stranieri in Italia più o meno clandestini hanno la possibilità di sbarcare il lunario e prosperano gli affari di quegli italiani che forniscono queste merci prodotte all'estero (o in Italia a condizioni da Terzo Mondo) ai venditori stessi.Nella misura in cui certa criminalità organizzata controlla questi traffici, è ovvio che vi sia una sua compartecipazione ai profitti. Chi lavora nelle fabbriche di questi oggetti vive una realtà double-face : da una parte è sfruttato e sottopagato, rispetto agli standard occidentali. Dall'altra ha compiuto un passo avanti sulla strada dell'uscita dalla fame e dalla povertà, perchè, anche se è triste dirlo, avere un lavoro e una magra retreibuzione è sempre meglio che non averlo. Chi si scandalizza per queste affermazioni evidentemente non ha mai provato effettivamente la fame, la povertà, la disperazione.Sottolineamo il particolare che vorremmo non sfuggisse. Non sempre e non più la produzione avviene all'estero ma ciò si verifica anche in Italia. Chi impedisce di farlo? Nessuno, quasi, poiché i controlli non vengono fatti da alcuno, se non , nei limiti del possibile, dalle forze dell'ordine, che non finiremo mai di ringraziare. Sull'operato del resto della PA è meglio che stendiamo un velo pietoso (non certo per colpa degli addetti ma dell'organizzazione che nel pubblico colpisce e penalizza chi vorrebbe lavorare).
Per gestire questa situazione da anni c'è un intenso impegno degli organismi europei e una attività costante delle associazioni imprenditoriali. In verità senza molti risultati. Lo sviluppo , un certo tipo di sviluppo, sia produttivo che commerciale, non lo puoi bloccare con i cartellini, così come è inarrestabile il fenomeno migratorio con impronte digitali o flussi o permessi di soggiorno dati col contagocce.
Ci dispiace per gli imprenditori delusi ma spesso i tarocchi sono quelli prodotti dalle loro italianissime fabbriche (per lucrare sul costo dei materiali) e non da quelle dei poveri sfruttati. Dimenticano poi un particolare: che il consumatore (ma il mondo potremmo dire) è stanco di sopportare il costo derivante dal mantenimento di privilegi da parte del commercio vecchio tipo. Stiano tranquilli che se saranno in grado in futuro di fabbricare prodotti di valore a un prezzo giusto la gente li acquisterà senza andare a vedere il cartellino. E crediamo che la stessa cosa già faccia, per risparmiare, il commerciante che un minuto prima si è lamentato delle chincaglierie cinesi. Così come sua moglie, quando va a fare la spesa. Ciò sempre che si scelga di vivere in una società libera, anche commercialmente. Avete voluto il capitalismo? Bene, lo stesso prevede che quando uno non sia più capace di fare un mestiere, lo cambi. Avete voluto una società liberale, con regole da rispettare per una migliore convivenza? Avete sempre rispettato queste regole?No? La stessa cosa la stanno facendo ora altri abitanti dell'Italia e altri Paesi. Adesso, speriamo, capirete come è fastidioso vivere in un posto dove ognuno, come voi da tanto tempo, fa un po' quello che gli pare! Certo noi non possiamo pagare un paio di scarpe il triplo solo perchè voi possiate mantenere le vostre ville, amanti e macchinone. Quindi andate a produrre in Cina e andate a fare concorrenza ai cinesi, se ci riuscite. Prima o poi verranno in Italia imprenditori e commercianti stranieri più bravi di voi che (senza aiutini) sapranno mettere a frutto quello che nessun Paese al mondo ha: i mestieri e le abilità di tanti lavoratori italiani.

COOPCOSTRUTTORI DI ARGENTA (FE), GIUSTIZIA ATTESA DAL 2003. DELUSIONE PER LE MITI CONDANNE

2003: scoperto un buco da un miliardo di euro nella contabilità della quarta azienda edilizia italiana. 10.000 creditori in difficoltà e 3.000 famiglie rovinate.
Sapevamo che in Italia per avere giustizia occorre tanto tempo. Certo, la giustizia non è vendetta ma, nel caso in cui non sia possibile recuperare i soldi, in questo, come in tutti gli altri casi, un po' di punizione allevia le sofferenze. Ma in Italia non tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Chi è più ricco può pagarsi i migliori avvocati e ha più probabilità se non di farla franca, almeno di limitare i danni. Colpiscono alcuni fatti che da tempo si ripetono in casi come questi che riguardano grandi cooperative affiliate a grandi Centrali.Il nuovo modello di vigilanza pubblica cooperativa, nato, caso vuole, proprio nel 2002 qui sembra essere stato attraversato dalla vicenda come un ectoplasma. Magra consolazione per gli organi ministeriali che anche le tre società di revisione e certificazione dei bilanci (le grandissime cooperative hanno anche questo obbligo aggiuntivo) siano state assolte. Come poteva un ispettore ministeriale in sede straordinaria accorgersi di quanto sfuggito addirittura ai super professionisti della revisione contabile? Però non può finire qui e non può finire così. Per quelle imprese e famiglie coinvolte, le quali entrambe hanno fatto affidamento sul sistema cooperativo non a caso ma perchè pensavano che godendo di agevolazioni fosse adeguatamente vigilato (preventivamente, contestualmente e subito dopo gli interventi) e, dal punto di vista delle famiglie, perchè in Italia (lo dice la Costituzione) le cooperative sono imprese non come tutte le altre ma con la caratteristica di avere una funzione sociale vincolante per la possibilità di godere di benefici e contributi.
In Italia, a seguito delle prossime elezioni, molto probabilmente diverrà Presidente del Consiglio un esponente politico piacentino nato, cresciuto e maturato nel cuore dell'Emilia cooperativa il quale, si dice, abbia nel mondo cooperativo uno dei principali pilastri della propria forza politica ed elettorale. In campagna elettorale tutti i sindacati hanno inviato alle forze politiche una serie di indicazioni programmatiche, chiedendo su di esse l'impegno dei vari partiti facendo intendere di poter garantire un sostegno a chi facesse proprie determinate proposte.
Non ci risulta che nessun altro sindacato, oltre a noi dell'AGL, abbia chiesto al probabile futuro presidente del Consiglio quanto segue: che per evitare che si ripetano drammi come quello della Coopcostruttori di Argenta venga abolita la possibilità che la vigilanza ordinaria annuale o biennale sulle società cooperativa venga demandata alle stesse Centrali cooperative cui quelle cooperative aderiscono e a cui pagano quota associativa e contributi di revisione, oltre a destinare una percentuale del patrimonio residuo ai rispettivi fondi mutualistici. Non vi può più essere coincidenza tra controllore e controllato (la vicenda Banca d'Italia – MPS qualcosa avrà pure insegnato) E che la vigilanza sulle società cooperativa torni tutta e unicamente allo Stato che la eserciti attraverso il Corpo di revisori appositamente abilitati e per i quali venga istituito un albo e ruolo professionale. Che questi revisori e ispettori straordinari vengano aggiornati gratuitamente e intensamente , che tutte le strutture e le risorse della PA vengano messe a loro disposizione a costo zero, che vengano di nuovo istituiti uffici territoriali della vigilanza cooperativa e che in essi vengano impiegati quelle centinaia di revisori oggi in forza al Ministero del Lavoro (ostacolati costantemente dalla Direzione Generale del Personale di quella sfortunata Amministrazione) che possano, se lo vogliano, trasferirsi al Ministero dello Sviluppo Economico. Ciò per garantire il rispetto della frequenza annuale e biennale delle revisioni. E per prevenire, prima che sia necessario, come per la Coopcostruttori, l'intervento “curativo” della Magistratura (benemerita) quando però ormai non ci sia nulla da fare per famiglie e creditori.
Aspettiamo fiduciosi di vedere se chi si professa coraggioso liberalizzatore e nemico delle Lobby abbia, una volta al potere, il fegato di distogliere le Associazioni che lo hanno sempre sostenuto da un mestiere non loro congeniale (quello di controllore di coloro che li finanziano) e di farle concentrare sull'attività più propria di assistenza, tutela e rappresentanza.

AGL Ispettori di Cooperative

domenica 10 febbraio 2013

“ARIDATECE” ROBIN HOOD!

Tassa (relativamente) nuova, storia vecchia. Molti di voi avranno letto della denuncia dell'Authority per l'Energia sulla traslazione, da parte di molte aziende del settore petrolifero, gas, elettricità della Robin Tax a danno delle famiglie: si parla di qualche miliardo di euro, anche se sarà compito della Magistratura (se vorrà attivarsi) fare chiarezza sulle reali cifre dell'imbroglio.Ricorderete che la Robin Tax fu introdotta da Tremonti nel 2008 per finanziare la social card . Non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di sbraitare contro l'ennesima congiura della lobby degli anziani contro le nuove generazioni. Scherzi a parte, sembra che questa volta alcune di queste aziende, ponendo rimedio alla riduzione del margine di profitto scaricando sulle famiglie consumatrici aumenti ingiustificati, l'abbiano fatta grossa.Il salasso infatti ammonterebbe a una gran parte del gettisto complessivo della tassa. Le associazioni dei consumatori sono scatenate, preannunciano class action che però, sappiamo, in Italia, causa limiti nella legislazione, non hanno la stessa forza dirompente di quelle intentate nei paesi anglosassoni.E' forte, insomma, la sensazione che quei soldi, con gli interessi legali, quelle famiglie difficilmente li avranno indietro.Ma sorge spontanea una domanda: perchè muoversi sempre quando ormai la frittata è fatta? Perchè la maggioranza che uscirà dalle urne (visto che quelle passate non hanno avuto voglia di farlo – ce ne spieghino il perchè in questa campagna elettorale-) non si deciderà a assegnare all'Authority sull'Energia poteri sanzionatori nei confronti delle aziende non corrette e non solo, come di recente ha affermato il Consiglio di Stato (appositamente interpellato) una mera funzione “notiziale”?C'era bisogno della denuncia (impotente) dell'Authority per sapere che in Italia, in questo campo, molte aziende (soprattutto quelle con maggiori agganci politici, fanno un po' quel che gli pare?